Su l’Avvenire, il 23 febbraio 2008, Lodovici scrive:
[…] Ma l’esistenza di scuole non statali garantisce un principio morale
fondamentale e irrinunciabile, che non è certo di parte: la libertà
dei genitori di scegliere per i figli una scuola conforme alle proprie
convinzioni.
[…]
Ciò esige che lo Stato renda possibile una reale ed effettiva
libertà di scelta, realizzando una vera parità scolastica e
consentendo ai genitori di iscrivere i figli negli istituti più
confacenti alle loro convinzioni. Lo Stato deve cioè garantire la
possibilità che i genitori di sinistra possano mandare i figli in
scuole di sinistra, quelli liberali in scuole liberali, quelli
cattolici in scuole di ispirazione cattolica, ecc. Insomma, la posta
in gioco non è la tutela degli interessi dei cattolici, bensì la
salvaguardia della libertà delle famiglie di educare i figli secondo i
propri valori e principi, quali che siano, purché non siano principi criminali.
Buona la risposta di Stella, su il Corriere:
[…]Un papà e una mamma sono di sinistra? Hanno diritto a una scuola di sinistra. Sono di destra? Scuola di destra. Certo, c’è un problemino: «quale» sinistra? Quella bertinottiana o pecoraroscania, veltroniana o pannelliana, dilibertiana o turigliattiana? Mica facile, trovare la scuola giusta. E «quale» destra? Berlusconiana o finiana, buttiglionesca o mussoliniana, rotondiana o santanchesca? Quanta dose di simpatie trotzkiste può essere tollerabile per un bravo genitore post-diessino? Quanti fez e gagliardetti e busti del Capoccione possono essere accettati sopra l’armadio in classe da un bravo genitore liberale?
[…]
La scuola personalizzata. Su misura. Taglia 42 o taglia 58 drop sei a seconda di ciò che scelgono i papà e le mamme. E arriverebbe a compimento il percorso di un Paese dov’è ormai impossibile trovare un accordo anche sulla condivisione del punto e virgola. E dove finalmente, rinunciato una volta per tutte all’idea di una storia comune, ognuno potrebbe raccontarsi la «sua».
[…]
«E noi?», diranno i genitori leghisti. Ma certo, avanti le scuole padane. Con libri come «La storia della Lombardia a fumetti » distribuita dalla Regione. Dove c’era sì qualche sventurato strafalcione («Verso il 3000 dopo Cristo la civiltà camuna era piuttosto evoluta… ») ma in compenso i rampolli celtici potevano leggere una nuova ricostruzione del Risorgimento: «alcune manovre e piccoli intrighi, certi eroismi e strani trattati avevano portato la penisola italiana a essere un unico regno…» O manuali come «Noi veneti » che, voluto e finanziato dalla Regione guidata da Galan, non aveva una riga su pittori come Giorgione o Tintoretto, Tiziano o Canaletto né su musicisti come Vivaldi o Albinoni o scrittori come Pietro Bembo o Ruzante, ma regalava una poesia di Catullo tradotta dal latino in dialetto: «Cossa de mejo gh’è del riposarse / infin, dal peso e dal strassinamento… ».
Andate a leggere tutto l’articolo qui.
d’accordo sulla libertà d’istruzione, ma in effetti le posizioni dell’articolo di Avvenire sono un po’ bislacche. esistono davvero scuole di sinistra o scuole liberali? bah. magari insegnassero l’abc della politica, a scuola.